Challenge sui social: quando la sfida digitale diventa pericolo reale

Nel panorama digitale contemporaneo, le “challenge” rappresentano uno dei fenomeni più caratteristici e potenzialmente problematici, specialmente per i più giovani. Queste sfide virali, che si diffondono rapidamente attraverso piattaforme come TikTok, Instagram e YouTube, esercitano un’influenza significativa sui comportamenti degli adolescenti, attirando la loro attenzione con la promessa di visibilità, approvazione sociale e senso di appartenenza.

Anatomia di un fenomeno digitale

Il termine inglese challenge (sfida) è ormai entrato nell’uso comune per indicare quelle prove lanciate sui social network finalizzate ad accumulare like, commenti e condivisioni. Nonostante la loro onnipresenza nell’attuale ecosistema digitale, le challenge rappresentano un fenomeno relativamente recente nella storia dei social media.

La prima challenge divenuta davvero virale a livello globale risale al 2014: l’Ice Bucket Challenge. Questa sfida consisteva nel rovesciarsi addosso un secchio di acqua gelata, documentare l’esperienza con un video da pubblicare sui social e “nominare” amici e conoscenti invitandoli a fare lo stesso. A differenza di molte challenge successive, questa nasceva con un nobile intento: sensibilizzare l’opinione pubblica sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e raccogliere fondi per la ricerca scientifica. L’iniziativa, promossa dalla ALS Association (l’associazione americana che si occupa di malati di SLA), raggiunse un successo straordinario, raccogliendo oltre 115 milioni di dollari in donazioni.

Questo caso iniziale illustra il potenziale positivo delle challenge come strumento di sensibilizzazione e mobilitazione collettiva. Tuttavia, ha anche inaugurato un modello di interazione sociale digitale che, negli anni successivi, ha assunto forme ben più problematiche e pericolose.

La psicologia dietro le challenge

Per comprendere il potere attrattivo delle challenge, specialmente sugli adolescenti, è necessario analizzare i meccanismi psicologici che ne alimentano la diffusione. Le challenge rispondono a bisogni fondamentali tipici dell’età evolutiva:

  1. Appartenenza e riconoscimento sociale: Partecipare a una challenge permette di sentirsi parte di un movimento collettivo, di un’esperienza condivisa che trascende i confini geografici e culturali.
  2. Costruzione identitaria: Durante l’adolescenza, periodo cruciale per la formazione dell’identità, le challenge offrono opportunità di auto-affermazione e distinzione.
  3. Ricerca di emozioni forti: La neurofisiologia dell’adolescenza è caratterizzata da una maggiore sensibilità alla ricompensa e da una minore percezione del rischio, rendendo particolarmente attraenti sfide che promettono esperienze intense o trasgressive.
  4. Visibilità e approvazione: Il sistema di ricompense immediate (like, commenti, condivisioni) gratifica il bisogno di riconoscimento tipico dell’età evolutiva.

Come spiega la dottoressa Maura Manca, psicoterapeuta e presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, “le challenge sfruttano la naturale propensione degli adolescenti al confronto con i pari e alla sperimentazione dei propri limiti, amplificando questi meccanismi attraverso la cassa di risonanza dei social media“. Questo mix di fattori psicologici, combinato con l’architettura delle piattaforme social progettata per massimizzare l’engagement, crea un ambiente particolarmente favorevole alla diffusione virale di comportamenti potenzialmente rischiosi.

Tipologia delle challenge: dal divertimento al pericolo

Le challenge possono essere classificate lungo uno spettro che va da quelle innocue e divertenti fino a quelle estremamente pericolose:

Challenge creative e benefiche

Alcune sfide promuovono creatività, consapevolezza sociale o comportamenti positivi:

  1. Trash Challenge: Nata per sensibilizzare sul tema dell’inquinamento ambientale, invita i partecipanti a pubblicare due foto dello stesso luogo: la prima mostra un’area piena di rifiuti abbandonati, la seconda documenta come la zona è stata ripulita dal partecipante stesso.
  2. Book Bucket Challenge: Una variante culturale dell’Ice Bucket Challenge che incoraggia la lettura e la condivisione di libri preferiti.
  3. What I Would Have Said Challenge: Una challenge nata durante la pandemia per promuovere la salute mentale, incentivando le persone a esprimere sentimenti non detti.
  4. Between Art and Quarantine Challenge – Questa sfida culturale incoraggia la creatività facendo replicare opere d’arte famose usando oggetti casalinghi. È educativa, stimola l’interesse per l’arte e rappresenta un uso costruttivo dei social media.
  5. Patience Challenge – Sebbene rivolta principalmente ai bambini, questa sfida insegna l’autocontrollo e la gratificazione ritardata, abilità fondamentali anche per resistere alla pressione dei pari in situazioni di potenziale bullismo.

Challenge basate sull’abilità che promuovono competenze positive

  1. Doodle Challenge – Una sfida creativa che promuove la comunicazione non verbale e la cooperazione. Può essere presentata come esempio di challenge che stimola competenze sociali positive.
  2. Gesture Challenge – Richiede coordinazione e precisione, senza comportare rischi. È un esempio di sfida che testa abilità senza incentivare comportamenti pericolosi.
  3. Your First Move Is Their Last Move Challenge – Promuove la creatività e il lavoro di squadra, potendo coinvolgere tutta la famiglia in un’attività cooperativa.

Challenge innocue ma potenzialmente problematiche

Un secondo livello include sfide che, pur non comportando rischi fisici immediati, possono avere implicazioni psicologiche o sociali negative:

  1. Food Challenge: Sfide legate al cibo che possono variare dal semplice assaggio di cibi piccanti o insoliti fino a comportamenti più problematici come ingurgitare grandi quantità di cibo in poco tempo.
  2. A4 Waist Challenge: Una sfida che invita a dimostrare di avere un girovita tanto sottile da poter essere nascosto dietro un foglio A4 tenuto in verticale. Questo tipo di challenge promuove ideali di magrezza estrema potenzialmente dannosi per l’immagine corporea.
  3. Beauty Mode Challenge – Questa sfida, che gioca sulla trasformazione dell’aspetto fisico attraverso filtri digitali, può essere discussa in relazione ai problemi di autostima e all’ossessione per l’aspetto fisico che spesso alimentano dinamiche di bullismo.
  4. Vogue Challenge – Nata come protesta anti-razzismo, è interessante da analizzare in ottica di inclusività, ma può anche rafforzare standard di bellezza irrealistici se mal interpretata.
  5. Who is More Challenge – Questa sfida tra amici o familiari che si “giudicano” a vicenda può sembrare innocua, ma può facilmente scivolare in dinamiche di confronto negativo o imbarazzo che è utile discutere in chiave preventiva.

Challenge pericolose

Il livello più preoccupante include sfide che comportano rischi significativi per la salute fisica e talvolta per la vita stessa:

  1. Blackout Challenge: Conosciuta anche come “choking challenge” o “passout challenge”, questa sfida consiste nel trattenere il respiro o impedire l’afflusso di ossigeno al cervello fino a perdere conoscenza. Secondo il rapporto “Social Media Victims Law Center”, questa challenge ha causato la morte di almeno 20 minori tra il 2021 e il 2022 a livello globale.
  2. Tide Pod Challenge: Una sfida che consisteva nell’ingerire capsule di detersivo per lavatrice, causando numerosi casi di avvelenamento.
  3. Benadryl Challenge: Invitava i partecipanti ad assumere dosi elevate di un farmaco antistaminico per provocare allucinazioni, portando a diversi ricoveri ospedalieri e almeno un decesso confermato.
  4. Blackout Challenge (o “Choking Challenge”): Questa sfida mortale consiste nel trattenere il respiro o bloccare l’afflusso di ossigeno al cervello fino a perdere conoscenza. È una delle più pericolose in assoluto perché l’asfissia può causare danni cerebrali permanenti o morte. Purtroppo, diverse morti di bambini e adolescenti sono state direttamente collegate a questa challenge, incluso il caso di un bambino di 9 anni in Italia nel 2021. I genitori dovrebbero essere particolarmente attenti a segnali come segni sul collo, corde o cinture nascoste in camera, o riferimenti a sensazioni di “sballo” senza uso di sostanze.
  5. Tide Pod Challenge: Questa sfida consisteva nell’ingerire capsule di detersivo per lavatrice. Le conseguenze possono essere gravissime: ustioni chimiche all’esofago e alle vie respiratorie, vomito incontrollabile, problemi respiratori acuti e persino la morte. Nel 2018, i Centri per il Controllo delle Malattie americani (CDC) hanno registrato un aumento allarmante di avvelenamenti tra adolescenti proprio a causa di questa challenge.
  6. Benadryl Challenge: Questa sfida incoraggiava i partecipanti ad assumere dosi massicce di un farmaco antistaminico (contenente difenidramina) per provocare allucinazioni. Le overdose di questo farmaco possono causare aritmie cardiache, convulsioni, coma e morte. Nel 2020, almeno una morte di un’adolescente è stata direttamente collegata a questa challenge.
  7. Salt and Ice Challenge: Consiste nel mettere sale sulla pelle seguita da cubetti di ghiaccio. La reazione chimica abbassa drasticamente la temperatura (fino a -17°C) causando ustioni di secondo e terzo grado simili a quelle da congelamento. Molti adolescenti hanno riportato cicatrici permanenti.
  8. Fire Challenge: Prevede di cospargersi di un liquido infiammabile (come alcol) e darsi fuoco prima di tuffarsi in una piscina o sotto la doccia. Numerosi adolescenti hanno riportato ustioni gravi di secondo e terzo grado, e alcuni sono deceduti quando le fiamme sono sfuggite al controllo.

    Challenge che promuovono comportamenti autolesionisti

    1. Blue Whale Challenge: Questa non è una semplice sfida ma una serie di 50 “compiti” assegnati da un “curatore” online, che diventano progressivamente più pericolosi e autolesionisti, culminando nell’ultimo compito che incoraggia il suicidio. Sebbene molti dettagli siano dibattuti, le autorità di diversi paesi hanno collegato numerosi suicidi adolescenziali a questa challenge,  si è parlato di circa 130 morti solo in Russia.
    2. Momo Challenge: Simile alla Blue Whale, questa challenge utilizzava un’immagine inquietante (“Momo”) per attirare l’attenzione e poi incoraggiava comportamenti pericolosi tramite messaggi privati, con minacce se i partecipanti non completavano le sfide. Ha causato panico tra i genitori nel 2018-2019 ed è stata collegata a episodi di autolesionismo.
    3. Skullbreaker Challenge (o “Trip Jump Challenge”): In questa sfida, tre persone si dispongono in fila e devono saltare, ma alle due persone esterne viene detto di saltare mentre alla persona centrale vengono fatti lo sgambetto durante il salto, provocandone una caduta violenta sulla schiena o sulla testa. Ha causato numerose commozioni cerebrali, fratture e traumi cranici.
    4. Eraser Challenge: I partecipanti devono strofinare vigorosamente una gomma sulla pelle mentre recitano l’alfabeto o completano una sfida a tempo, causando abrasioni dolorose e potenzialmente infezioni.

    Challenge che promuovono comportamenti a rischio

    1. Kiki Challenge (o “In My Feelings Challenge”): Richiede di uscire da un’auto in movimento e ballare accanto al veicolo che continua a procedere. Oltre ai rischi evidenti di cadere dall’auto, ci sono stati casi di investimenti e incidenti stradali.
    2. Cinnamon Challenge: Consiste nell’ingerire un cucchiaio di cannella in polvere senza acqua. Può causare soffocamento, tosse incontrollabile, vomito e, nei casi più gravi, pneumopatie quando la cannella viene inalata nei polmoni.
    3. Bird Box Challenge: Ispirata dal film Netflix, questa sfida consiste nel compiere attività quotidiane (inclusa la guida) bendati. Ha causato numerosi incidenti, incluso un caso in cui un’adolescente ha provocato un incidente stradale mentre guidava bendata.
    4. Milk Crate Challenge: Prevede di scalare una piramide instabile di cassette del latte e poi discendere dall’altro lato. Ha causato numerose fratture, distorsioni e traumi alla colonna vertebrale.

    “Se sei pronta a diventare una balena inciditi ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti”. È stato uno dei messaggi inviati via social nel 2017 a una 12enne di Palermo da una 23enne di Milano che si sarebbe spacciata come “curatore” della “Blue Whale Challenge”

    Blue Whale Challenge

    I numeri del fenomeno in Italia

    La diffusione delle challenge tra i giovani italiani è documentata da ricerche recenti. Uno studio condotto dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, intitolato “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, ha prodotto dati significativi. La ricerca, che ha coinvolto nell’autunno del 2022 più di 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni su tutto il territorio nazionale, ha rivelato che il 6,1% degli intervistati ha partecipato almeno una volta a una challenge sui social.

    Particolarmente allarmante è il dato relativo alla fascia d’età più giovane: tra gli 11-13 anni la percentuale di partecipazione sale al 7,6%, indicando una maggiore vulnerabilità dei preadolescenti rispetto ai loro coetanei più grandi. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato dalla minore capacità di valutazione critica e dalla maggiore suggestibilità tipiche della prima adolescenza.

    La ricerca evidenzia inoltre una correlazione significativa tra la partecipazione alle challenge e altri indicatori di disagio psicologico, suggerendo che i ragazzi più vulnerabili potrebbero essere anche quelli più propensi a impegnarsi in comportamenti rischiosi online per ottenere approvazione sociale.

    Il ruolo delle piattaforme social

    Le piattaforme social giocano un ruolo complesso nell’ecosistema delle challenge. Da un lato, i loro algoritmi tendono a premiare contenuti che generano elevato engagement, favorendo così la diffusione virale di sfide spettacolari o estreme. Dall’altro, in seguito a pressioni legali e dell’opinione pubblica, hanno implementato politiche più rigorose per contrastare la diffusione di challenge pericolose.

    TikTok, piattaforma particolarmente popolare tra i giovani e frequente veicolo di diffusione delle challenge, ha introdotto nel 2021 nuove linee guida che vietano esplicitamente contenuti che promuovono sfide pericolose. La piattaforma ha anche implementato sistemi di moderazione automatizzata e manuale per identificare e rimuovere tali contenuti.

    Tuttavia, l’efficacia di queste misure rimane oggetto di dibattito. Come sottolinea un rapporto della Digital Services Act Observatory dell’Università di Bologna, “gli attuali sistemi di moderazione mostrano limiti significativi nel rilevare sfide pericolose, specialmente quando queste vengono promosse attraverso hashtag alternativi o contenuti codificati per eludere il rilevamento automatico“.

    Strategie di prevenzione e intervento

    Di fronte alla persistenza del fenomeno, l’approccio più efficace sembra essere quello educativo, mirato a sviluppare nei giovani competenze critiche e capacità di autoregolazione.

    Per i genitori

    1. Dialogo aperto e non giudicante: Creare uno spazio in cui i ragazzi possano discutere liberamente delle loro esperienze online senza timore di essere giudicati o puniti.
    2. Educazione ai media: Aiutare i figli a sviluppare competenze critiche per analizzare i contenuti digitali, riconoscere manipolazioni e valutare rischi reali.
    3. Monitoraggio consapevole: Essere informati sulle tendenze digitali del momento e sui social utilizzati dai propri figli, senza invadere la loro privacy ma rimanendo punti di riferimento accessibili.
    4. Modellamento comportamentale: Offrire esempi positivi di utilizzo dei social media e di gestione della pressione dei pari.

    Per gli educatori e le scuole

    1. Programmi di alfabetizzazione digitale: Implementare percorsi formativi che sviluppino competenze critiche specifiche per navigare l’ambiente dei social media.
    2. Discussioni in classe: Utilizzare casi di studio su challenge virali come opportunità di riflessione critica collettiva.
    3. Peer education: Formare gruppi di studenti più grandi che possano fungere da mentori per i più giovani su temi di sicurezza digitale.

    Il futuro delle challenge: verso un utilizzo più consapevole

    Le challenge non sono intrinsecamente negative, come dimostra l’esempio virtuoso dell’Ice Bucket Challenge o della più recente Trash Challenge. Il problema non risiede nel formato in sé, ma nel tipo di comportamenti che vengono promossi e nel pubblico che viene raggiunto.

    Come osserva Paolo Ferri, professore di Tecnologie della formazione presso l’Università di Milano-Bicocca, “dobbiamo superare l’approccio puramente restrittivo per abbracciare un modello educativo che valorizzi il potenziale positivo delle dinamiche social, reindirizzandole verso obiettivi costruttivi e prosociali“.

    In questa prospettiva, la strada più promettente sembra essere quella di promuovere una cultura digitale che incoraggi i giovani a diventare creatori consapevoli piuttosto che consumatori passivi, capaci di utilizzare il formato delle challenge per esprimere creatività, condividere valori positivi e promuovere cause meritevoli.

    Conclusione

    Le challenge sui social rappresentano un fenomeno complesso che riflette dinamiche psicologiche e sociali profondamente radicate nella cultura giovanile contemporanea. La loro evoluzione dall’originaria Ice Bucket Challenge a manifestazioni talvolta estremamente pericolose illustra il potenziale ambivalente della comunicazione digitale.

    Come spesso accade, non è il fenomeno in sé il problema ma il modo in cui viene utilizzato e il tipo di pubblico che riesce a raggiungere. Lo stesso formato può non rappresentare un rischio per una persona adulta con un buon grado di consapevolezza, ma può diventare estremamente pericoloso per un bambino o un adolescente la cui capacità di valutazione del rischio è ancora in formazione.

    Poiché le challenge sono ormai parte integrante dell’ecosistema digitale e difficilmente scompariranno, l’unica strada percorribile è quella della prevenzione: genitori, educatori e istituzioni devono collaborare per aiutare bambini e giovani a sviluppare un senso di responsabilità e autonomia che permetta loro di distinguere tra sfide costruttive e comportamenti pericolosi, riconoscendo il sottile ma cruciale confine che separa la sperimentazione dal rischio inaccettabile.



    Fonti

    • Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Istituto Superiore di Sanità. (2022). “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”.
    • Social Media Victims Law Center. (2023). “Report on Social Media Challenges and Youth Safety”.
    • Osservatorio Nazionale Adolescenza. (2022). “Adolescenti e Sfide Digitali: Rischi e Opportunità”.
    • Digital Services Act Observatory, Università di Bologna. (2023). “Moderazione dei Contenuti e Protezione dei Minori nelle Piattaforme Digitali”.

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